Premessa: In Germania (e in Austria con qualche diversità formale) esistono prove, a cui vengono sottoposti gli ausiliari da caccia, indifferentemente dalla razza “da ferma” (Vorstehhund) a cui appartengono, che tendono a mettere in evidenza le doti venatorie naturali e il livello di addestramento raggiunto dai vari soggetti, per poter godere poi nell’attività venatoria delle prestazioni di questi ultimi.
Vorrei sottolineare questo aspetto, che a mio modesto modo di vedere, sta alla base della notevole diversità con la quale gli addestratori nostrani, ed europei in generale rispetto agli addestratori tedeschi ed austriaci, impostano l’educazione dei cani da caccia e in particolare “da ferma”, categoria a cui appartiene il nostro amato Drahthaar.
Per chiarire meglio questo concetto, premetto che i cacciatori d’oltralpe ricevono, durante il periodo di studio che precede il loro ingresso nella famiglia dei cacciatori, un’educazione cinofila rivolta alla caccia, che permettere loro di poter approcciarsi nel giusto modo alla preparazione di un cane, per cui tutti i cacciatori tedeschi sono potenzialmente degli addestratori.
Logicamente sta poi alla predisposizione del singolo approfondire o meno questo aspetto dell’attività venatoria.
Da noi invece la stragrande maggioranza dei cacciatori, non solo non impartisce al proprio ausiliare un addestramento che segua un filo logico e che abbia uno scopo ben preciso a cui tendere, ma oltretutto si ricorda di avere un cane la settimana prima dell’apertura della stagione venatoria.
Per questa ragione i cacciatori italiani, che “sentono” di avere un particolare interesse rivolto alla cinofilia, tanto particolare da superare anche quello verso la caccia (se così si può ancora chiamare quella praticata nella nostra Patria), si avvicinano inesorabilmente al mondo delle prove che si praticano nel Belpaese e che tutti conosciamo, andando ad alimentare le fila di una élite, che si distanzia sempre di più dalla caccia e che dirige tutti i suoi sforzi alla ricerca, del trialer, sfidando quasi le leggi della cinetica, compiendo azioni sul terreno altamente spettacolari, ma che nulla hanno a che vedere, passatemi il termine, con la “caccia pratica”.
Dato che lo scopo ultimo delle prove sul terreno è quello di mettere in evidenza i futuri riproduttori (sia stalloni che fattrici), va da sé che cani pluridecorati in prove, che non hanno più nessun legame con la caccia, diventeranno genitori di una numerosa prole.
L’allevamento e la successiva vendita di questi cuccioli dovrebbero essere indirizzati alle esigenze dei cacciatori, ai quali però saranno ceduti solo i soggetti scartati dagli allevatori, in quanto non ritenuti idonei alle prove o nel migliore dei casi ritenuti solo buoni per la caccia.
Ecco dunque il motivo per cui ritengo che, fintanto che i campioni riproduttori saranno cani che non hanno mai svolto determinate attività basilari per un ausiliare da caccia completo, (quali il riporto di un selvatico morto, il recupero di un selvatico ferito dalla campagna e/o dall’acqua fonda, la cerca nei più disparati ambienti, con le relative difficoltà imposte dalla fitta vegetazione, dai rovi, ecc., il lavoro appassionato sul selvatico da pelo, l’approccio adeguatamente aggressivo al selvatico nocivo e non ultima la predisposizione all’accettare un addestramento che mette a dura prova le qualità psicofisiche dell’animale), non si potrà ottenere altro che cani bravissimi nell’esprimere cerche esplosive nel famigerato quarto d’ora, in prati di erba medica o in frumenti primaverili e ferme statuarie, salvo poi evidenziare lacune nelle guidate, il tutto completato da un corretto al frullo, come massima espressione di dressaggio.
Chiedo scusa per queste divagazioni sull’allevamento e sulle prove nostrani, ma mi sembrava doveroso evidenziare le differenze tra queste ultime e quelle che si tengono sul territorio germanico, con le quali vengono testati i futuri riproduttori.
Waidmannsheil Fabrizio C.