Per poter sostenere le numerose prove previste prima di aver compiuto i 2 anni di età, il cucciolo viene sottoposto a partire già dal 3° - 4° mese di vita ad un’educazione che potremmo definire una sorta di “addestramento formale”, per usare un termine militare, la quale si protrarrà fino al 7° - 8° mese di vita. Questa fase comprende l’insegnamento dei comandi di base ai quali un ausiliare da caccia deve prontamente obbedire e che i nostri colleghi tedeschi racchiudono nel termine “Gehorsam”.
Si inizia con l’insegnare al cucciolo una corretta andatura al guinzaglio “Leinenfürigkeit”, impartendo all’allievo il comando “fuß” (piede), ponendosi sul lato destro del cane, il quale dovrà mantenere la posizione ideale (testa a fianco del ginocchio sinistro del conduttore “führer”) qualsiasi sia l’andatura imposta da quest’ultimo (veloce – lenta, rettilinea – curvilinea, ecc.). In fase più avanzata dell’addestramento l’allievo terrà questo comportamento senza l’ausilio del guinzaglio.
Comando di fondamentale importanza è la chiamata, ,” vieni qui” “Komme hier”, che abbinata al nome del cane, suono che l’allievo ha già imparato a riconoscere, deve provocare l’immediato ritorno di questo verso il conduttore. Il gesto che si abbina alla chiamata è il portare contemporaneamente le braccia dalla posizione di distese lungo i fianchi (posizione di attenti), in aria ripetutamente, fino all’arrivo del cane. Non dimenticare mai di complimentarsi con esso ogni qualvolta obbedisce prontamente. Dovendo chiamare l’allievo a distanza, è buona cosa utilizzare un doppio fischio con il fischietto, il suono sostituisce il richiamo verbale.
Ogni qualvolta il conduttore vuole liberare il cane da un comando costrittivo, utilizza il “va”, che viene pronunciato alla fine di ogni esercizio imposto all’allievo. Si comincia ad usarlo con la chiamata: dopo che il cane è stato costretto a restare seduto per circa un minuto presso di noi, lo si lascia andare pronunciando “va” e contemporaneamente ci si allontana da lui in direzione opposta alla sua. E’ un comando che deve provocare gioia nel cucciolone, per cui va dato solo in situazioni di serenità o gioco.
L’allievo sarà contemporaneamente abituato a sedersi con un ordine sonoro: seduto ”sitz”, coadiuvato dal gesto del conduttore che alza la mano destra con l’indice puntato verso l’alto, tale gesto con il passare delle settimane dovrà sostituirsi quasi completamente all’ordine sonoro.
La posizione di” seduto” dovrà essere mantenuta dall’allievo anche se il conduttore si allontana da lui, fino a scomparire dalla sua vista per alcuni minuti. Subito dopo aver liberato il cane dalla posizione coatta, complimentarsi a lungo con questo.
Questo tipo di comportamento, se ben fissato, è propedeutico per il successivo comando a cui l’allievo sarà abituato: il terra “plaz”. Il conduttore lo impartirà ripetendo questa parola abbinata ad un altro gesto, ovvero ponendosi di fronte al cane e alzando la mano destra con il palmo rivolto all’animale.
A seguito di quest’ordine, l’allievo deve immediatamente assumere la posizione detta della “sfinge”, con il ventre a terra le zampe anteriori distese e la testa alzata. Dovendo impartire questo comando a distanza, il conduttore si avvarrà di un trillo del fischietto, il quale sostituisce la parola “plaz”.
Questa è una posizione che il cane dovrà mantenere anche a lungo, per cui potrà appoggiare alternativamente i fianchi a terra, senza però abbandonare la posizione di adagiato.
E’ buona norma non complimentarsi mai con il cane quando è nella posizione appena descritta, questo lo può indurre ad abbandonarla, cosa che non deve fare in nessun caso.
Un’estensione di questo comando è il “down”, si pronuncia, tenendo sempre alta la mano destra con il palmo rivolto al cane, che dovrà immediatamente assumere la posizione del “plaz”, ma con la testa appoggiata a terra tra le zampe anteriori (serve per togliere al cane la vista dell’orizzonte). Vista la tensione psicofisica a cui l’allievo è sottoposto in questa posizione, si consiglia di liberarlo il prima possibile.
Una volta che si sono ben fissati i comandi suddetti, il conduttore possiede il controllo dell’animale, per cui può passare ad un livello superiore dell’addestramento.
Il riporto forzato costituisce il primo passo, si inizia con un pezzo da presa leggero, dopo aver dato il comando” seduto” all’allievo, gli si pone il” riportello” in bocca, al che il cane non vorrà saperne di tenerlo, per cui le prime sedute saranno dedicate a questo scopo, cioè a far tenere ben saldo in bocca al cane il riportello, anche questo gesto sarà accompagnato da un comando vocale: porta “apport”.
Contemporaneamente il conduttore dovrà pure insegnare all’allievo a lasciare il pezzo da presa con il comando lascia “aus”.
N.B. solo a questo comando e al contemporaneo gesto del conduttore di prelevare il riportello, l’allievo lo può lasciare.
Quando il cane terrà con decisione in bocca il pezzo da presa leggero, si può sostituirlo con uno più pesante, per abituarlo al peso della selvaggina, che dovrà abboccare in seguito.Successivamente, il conduttore dovrà abituare l’allievo a raccogliere da terra, dalla posizione di seduto, sia il pezzo da presa leggero che via via quelli più pesanti.Quando questi gesti diventeranno consueti, sarà giunto il momento di far raccogliere dall’allievo il riportello a distanza. Una volta ordinato il”seduto” al cane, il conduttore poserà il riportello di fronte ad esso ad una distanza di circa m. 10, dopo di che tornerà dal cane e ordinerà “apport”.A seguito di tale comando l’allievo andrà di buona lena fino al riportello, lo raccoglierà e lo porterà al conduttore, sedendosi di fronte a lui, o sul suo fianco sinistro, in attesa dell’ordine “lascia”.
Il passo successivo sarà quello di aumentare sempre di più la distanza alla quale il conduttore poserà il riportello dal cane, fino a giungere a m. 50 circa, (se il cane riporta da m. 50, sicuramente porterà anche da distanze superiori).
E’ buona norma a questo punto, cambiare ogni tanto l’oggetto che si vuol far portare dal cane (pezzi di legno qualsiasi, birilli di plastica, bottiglie di vetro spesso, ecc.), fino ad usare la selvaggina, sia da piuma che da pelo.
Quando l’allievo avrà ben fissato il comando del riporto, si potrà passare all’addestramento in campo “feldarbeit”.
Per prima cosa si insegnerà al cane il metodo corretto per cercare la selvaggina nell’appezzamento di terreno che si è deciso di esplorare.
Per iniziare questo tipo di cerca “suche”, è consigliabile sfruttare aree con vegetazione medio-bassa e prive di difficoltà. Si controllerà innanzitutto la direzione del vento, dopo di che il conduttore si porterà con il cane al guinzaglio nella posizione mediana della testata dell’appezzamento di terreno scelto, curandosi di avere il vento contrario.
A questo punto il “fhürer” avvierà il cane su un’ipotetica linea obliqua rispetto alla direzione del vento (alla sua destra o alla sua sinistra, non ha importanza), accompagnando l’allievo per qualche decina di metri, dopo di che cambierà senso di marcia, sempre in direzione obliqua rispetto al vento, ma dalla parte opposta dell’area da esplorare (l’importante è che la marcia avvenga sempre in avanti, senza mai rientrare).
Il cane, che nel frattempo al galoppo avrà percorso 100 - 150 metri nell’iniziale senso di marcia, si accorgerà che il conduttore ha cambiato il suo e si dirigerà anch’esso con direzione obliqua rispetto al vento, dall’altro lato dell’appezzamento di terreno da esplorare. Se l’allievo prosegue senza curarsi del conduttore, questi richiamerà la sua attenzione con un colpo di fischietto.
Ripetendo questi movimenti in serie, al termine dell’area scelta, il cane avrà percorso delle linee oblique rispetto alla direzione del vento, che ricordano l’allacciatura a stringhe di una scarpa.
Si vuole insegnare questo tipo di cerca, in quanto l’eventuale effluvio emanato dalla selvaggina sarà trasportato dal vento fino alle narici del cane, il quale non avrà difficoltà ad avvertirlo per tempo e, dopo l’eventuale” filata”, cadrà in ferma “vorstehen”, fino all’arrivo del conduttore, il quale farà risolvere al cane l’azione, previo una “guidata” “Manieren und Nachziehen am Wild” di quest’ultimo, se il selvatico si allontana di pedina, che terminerà con il frullo dell’animale.
Il cane è naturalmente portato ad inseguire l’animale, ed è qui che il conduttore interverrà con l’insegnamento di un altro comando: il corretto al frullo “ Benehmen vor eräugtern Federwild”, cioè il cane, contemporaneamente al volo del selvatico, dovrà adagiarsi al suolo nella posizione di “platz”, in quanto rincorrendo, potrebbe mettere in volo altra selvaggina e/o interferire nella traiettoria di sparo durante un’azione di caccia.
Per abituare l’allievo a restare immobile allo sparo “Schußruhe”, successivo al frullo del selvatico, si ricorrerà al trillo perentorio del fischietto e al comando vocale “platz”.
Ripetendo queste azioni numerose volte, il cane si adagerà al suolo automaticamente al frullo.
Durante un’azione di caccia, sarà poi il conduttore a comandare il riporto con la parola “apport”, se il selvatico è stato colpito mortalmente, o al recupero “Veloren apport, se è stato solo ferito”.
Il percorso ideale sopra descritto, che deve compiere il cane durante la cerca in campo è il più redditizio, in quanto coniuga i due fattori principali che compongono una buona cerca: ispezionare la maggior superficie di terreno possibile avendo sempre il vento contrario.
Diamo per scontato che l’allievo abbia innato un buon istinto di ferma, in mancanza del quale si dovrebbe procedere ad un addestramento troppo specifico e non interessante da trattare in questa sede.
Durante il lavoro in campo, il conduttore controllerà sempre che il collegamento “führigkeit” con il cane non venga mai a mancare, in modo di aver sempre sotto controllo l’animale.
Altro esercizio utile ai fini venatori è quello che abitua il cane a seguire una traccia sul terreno lasciata da un selvatico ferito (da piuma o da pelo) “Federwildschleppe” e “Haarwildschleppe”.
Per eseguire l’addestramento per questo esercizio, il conduttore (o meglio un coadiuvante) senza che il cane possa vedere, assicurerà un selvatico morto ad una funicella, con la quale, dopo avere posato quest’ultimo a terra e averlo sfregato sulla vegetazione presente, lo trascinerà per un tratto di terreno che per le prime volte sarà rettilineo e di lunghezza non superiore a 100 – 150 m., e che con il proseguo delle lezioni presenterà degli angoli ottusi e si allungherà fino a 400 – 450m.
Arrivato a fine traccia, il conduttore abbandonerà il selvatico a terra e tornerà al punto di partenza, avendo l’accortezza di percorrere un altro tragitto rispetto a quello appena fatto, (se la traccia è stata eseguita da un’altra persona, questi abbandonerà un primo selvatico a terra, e terrà con sé un altro selvatico morto). L’aiutante si nasconderà nelle vegetazione fitta in modo che il cane, arrivato al fine traccia, non lo possa vedere, per controllare che l’abboccamento avvenga in modo regolare, ma soprattutto se il cane invece che trovare il selvatico abbandonato a terra, si dirigesse verso l’aiutante del conduttore, quest’ultimo consegnerà il selvatico di scorta al cane.
A questo punto, avendo l’accortezza di lasciare un collare al collo del cane, lo si condurrà all’inizio della traccia, dopo aver infilato nell’anello metallico del collare una funicella.
Quando l’allievo annuserà l’usta del selvatico e inizierà a tirare il conduttore per seguirla, egli tenendo con entrambe le mani i due capi della funicella, lo tratterrà per qualche metro, darà subito il comando “apport”, lasciando contemporaneamente un capo della funicella e trattenendo l’altro in modo che si sfili dal collare senza interrompere l’azione del cane.
Questi, seguendo l’usta lasciata dal selvatico, arriverà fino ad esso abboccandolo, dopo di che tornerà dal conduttore al galoppo, completando l’esercizio e sedendosi accanto ad esso, in attesa del comando “aus”, con il quale termina l’esercizio.
Un ulteriore esercizio da far compiere al cane con il selvatico morto, consiste nel lanciarlo nella vegetazione presente sull’area che stiamo utilizzando per l’addestramento, all’insaputa dell’allievo, il quale sarà lasciato in auto, o nella posizione di “platz” in un punto defilato. Dopo di che si porterà l’allievo al guinzaglio nella zona di addestramento, si controllerà la direzione del vento e si darà il comando “apport”, avviando il cane in direzione contraria a quella del vento. Questi inizierà a cercare, come gli è stato precedentemente insegnato, interrogando le emanazioni che trasporta l’aria.
L’esercizio termina con il ritrovamento del selvatico e le azioni descritte nel precedente esercizio.
L’addestramento, ora, può trasferirsi dal campo “feldarbeit” all’acqua.
In questo elemento il cane deve trovarsi a proprio agio, anche a basse temperature, dimostrando di entrare nell’acqua fonda con entusiasmo e senza il minimo timore.
Con queste premesse si può iniziare con buone speranze di riuscita l’addestramento al lavoro in acqua “wasserarbeit”.
Anche in questo caso per le prime lezioni occorre utilizzare, come per la cerca in campo, uno specchio d’acqua che non presenti particolari difficoltà dovute alle rive alte e scoscese, presenza di fitta vegetazione subacquea, ecc..
Alcuni soggetti particolarmente dotati, appena portati al cospetto dell’elemento liquido, non si faranno pregare per entrarvi e nuotare per gioco, altri meno intraprendenti andranno un po’ aiutati e “aspettati” con pazienza, sicuramente anche questi soggetti raggiungeranno un buon livello di “acquaticità” nel giro di poco tempo.
Con un allievo che possiede già questa caratteristica, bisognerà solamente indirizzarlo in modo ordinato per la cerca in acqua, come lo si è fatto per il campo.
Successivamente si dovrà aumentare l’interesse del cane per l’acqua facendogli trovare di tanto in tanto un’anatra disalata, la quale prima di farsi abboccare, darà non poco filo da torcere al cucciolone, che dovrebbe dimostrare una eccitazione particolare e profondere un impegno fortissimo per raggiungere la preda.
Dopo solamente pochi incontri di questo tipo l’allievo non vedrà l’ora di essere portato in acqua, in quanto coverà sempre la speranza di trovarvi un selvatico ed è sfruttando questa possibilità che il conduttore avvierà il cane alla cerca in acqua e sulle rive coperte da vegetazione palustre senza presenza di selvaggina (Stöbern ohne Ente im deckugsreichen Gewässer).
In questo caso l’allievo dovrà cercare con passione l’anatra senza fiutarne l’usta, nell’acqua fonda, e sulle rive coperte da vegetazione, sempre prestando ascolto alle indicazioni del conduttore, per un tempo minimo di una decina di minuti.
Altro esercizio importantissimo a cui sarà abituato il cane sarà la ricerca della pista lasciata dall’anatra ferita sull’acqua, poi il successivo ritrovamento nella vegetazione, il tentativo appassionato di abboccarla e il successivo riporto a sparo avvenuto o meglio senza l’ausilio dello sparatore (Stöbern mit Ente im deckugsreichen Gewässer).
E’ buona norma abituare l’allievo, una volta arrivato a riva con l’anatra, a non appoggiarla e a non scuotere il corpo per asciugarsi, ma a dirigersi celermente dal conduttore, il quale attenderà che il cane si sieda accanto a lui, dopo di che gli ordinerà di consegnargli la preda con il comando “lascia” (aus), solo a questo punto gli sarà concesso asciugarsi.
Si pretende questo non per cattiveria nei confronti del cane, ma, essendo l’anatra una preda, anche se ferita, assai resistente, nell’atto di appoggiarla o allentando la presa per asciugarsi, il cane potrebbe perderla di nuovo nell’acqua e dover ripetere tutto il lavoro precedente.
Il lavoro ora può trasferirsi finalmente nella foresta “Waldarbeit”, l’ultimo e forse il più suggestivo ambiente dove il nostro drahthaar deve dar prova della sua resistenza, del suo coraggio, della sua capacità di concentrazione, del suo addetramento e della sua passione per la caccia.
La cerca deve avvenire nel folto della vegetazione, nella quale il drahthaar deve penetrare senza indugio al comando del conduttore: “suche”, e dove questi non può seguirlo. Qui il cane dovrà agire con passione, cercando le tracce della selvaggina senza avere un contatto visivo con il conduttore, ma sapendo che dovrà esplorare tutta la superficie utile con attenzione e con andatura più ridotta, di quella sostenuta nel lavoro in campo.
Durante l’addestramento a questo esercizio il “führer” si farà aiutare da una o più persone, le quali senza farsi notare dal cane, dovranno appostarsi in angoli utili del bosco e segnalare al conduttore quale sia il comportamento del cane che sta lavorando nel folto.
In questo modo egli potrà intervenire con le correzioni del caso.
I riporti e le piste su animale morto da far eseguire nel bosco sono di selvatici “da pelo”, quali lepre (Hase) o coniglio selvatico (Kaninchen) e volpe (Fuchs).
Questi esercizi si svolgeranno con la stessa modalità di quelli descritti per la selvaggina “da piuma”.
Per la volpe il discorso si fa un po’ più complesso, in quanto per questo animale, alle prove è richiesto anche il riporto reso più difficoltoso da un ostacolo (Bringen von Fuchs über Hinderis).
Inoltre, una volpe adulta ha un peso notevole, che può arrivare anche ad una decina di Kg., per cui terminata la pista di volpe (Fuchsscheleppe) di circa m. 300, il cane una volta abboccato l’animale, dovrà trasportare per questa distanza un peso pari a circa 1/3 del suo.
Ultima disciplina e senz’altro la più difficoltosa, a cui va preparato un vero cane da caccia polivalente è il lavoro sulla traccia di sangue perso da un ungulato ferito.
La preparazione al suddetto lavoro richiede un notevole impegno di tempo, in quanto si articola in due fasi distinte, ma che dovranno poi fondersi per completare l’azione richiesta.
La prima di queste, nonché la più impegnativa, è il lavoro al guinzaglio lungo “Riemenarbeit”.
Anche per questo esercizio l’addestramento deve avvenire in modo graduale, per cui si abituerà l’allievo a seguire delle tracce artificiali segnate con sangue di selvaggina ungulata, o in mancanza di questo con sangue bovino, di breve distanza, senza cambi direzione, usando una quantità notevole di sangue e lasciando trascorrere solo tre o quattro ore da quando si traccia la pista a quando la si farà cercare dall’allievo.
La preparazione della traccia dovrà simulare un’azione reale di caccia, per cui si dovrà preparare l’”anschüß”, ovvero il punto dove il selvatico è stato colpito, questo dovrà essere contrassegnato con i cosiddetti segni di caccia, che consistono in gocce di sangue, peli, frammenti di ossa e di organi interni. Da qui partirà la ricerca della pista con il cane, il quale lavorerà legato al capo di un guinzaglio lungo una dozzina di metri, trattenuto all’altro capo dal conduttore, che a seconda delle iniziative positive o a seguito di eventuali “falli”, incoraggerà con la voce se si accorge che sta seguendo la strada giusta (tracce di sangue visibili a terra o segni preparati sulla vegetazione dalla persona che ha tracciato la pista) o correggerà l’allievo, intervenendo con trattenute, rimproveri, ecc..
Un ulteriore serie di segni artificiali, che si possono lasciare lungo la pista, in modo di renderla più reale, da abbinare alle gocce di sangue, sono le impronte di uno zoccolo di ungulato, le quali emanano l’odore del secreto delle ghiandole odorifere che questi animali posseggono negli arti.
Al fine traccia, il conduttore avrà precedentemente posato a terra una pelle non conciata di ungulato (capriolo, cinghiale, ecc.) e quando il cane la troverà, egli si complimenterà calorosamente con lui, incoraggiandolo se cerca di leccarla e di annusarla, se in generale dimostrerà interessa per questa. La pelle è ovviamente la simulazione del selvatico morto, nel caso in cui non si disponesse di un capo di selvaggina intero. Se così fosse, sarà buona cosa cucire le ferite in modo che il cane non le morda cercando di strappare lembi di pelle o altro, e se dimostrasse di volerlo fare andrà rimproverato con fermezza.
Logicamente per avere un buon “cane da sangue” “Schweißhund”, bisognerà oltre che addestrarlo con tracce artificiali, abituarlo a seguire tracce reali di ungulato ferito e fargli finalizzare l’azione entrando in contatto con il selvatico.
Ad ogni fine traccia con risultato positivo, non ci si dimentichi di premiare il cane, oltre che con carezze e parole di compiacimento con un boccone particolarmente gustoso.
L’addestramento alla seconda fase di cui si compone questo difficile lavoro, può avvenire, come già detto, separatamente dal lavoro al guinzaglio lungo e il conduttore potrà decidere quali delle due modalità possibili (Totverbellen o Totverweisen) si adattano meglio alle caratteristiche dell’allievo che sta preparando, o a sua discrezione quella che preferisce.
Il ”Totverbellen “ o “abbaio al morto”, prevede che il cane lasciato libero, dopo aver eseguito un tratto di pista con il guinzaglio lungo, raggiunga l’ungulato morto (se ancora vivo lo blocchi e lo finisca con un’adeguata presa alla gola), dopo di che inizi ad emettere un abbaio ripetitivo e caratteristico, con il quale avvisa il conduttore dell’avvenuto ritrovamento, il quale guidato dall’abbaio raggiungerà il cane e la preda.
Il “Totwerveisen” o “fare la spola tra il capo ritrovato e il conduttore” è di immediata comprensione, infatti il cane, una volta raggiunto l’animale (se ancora vivo vale quello detto precedentemente) dovrà tornare dal conduttore e “accompagnarlo”, facendo la spola più volte tra questi e il letto do morte, a seconda della distanza da coprire.
Entrambi i metodi presentano vantaggi e svantaggi, il Totverbellen è senza dubbio più affascinante e rispettoso delle vecchie tradizioni, mentre il Totwerveisen è di più semplice apprendimento per l’allievo. Questo metodo può essere integrato con una variante chiamata “Bringselverveisen” o “riporto dell’attrezzo facendo la spola”. In questo caso, al collare del cane, quando verrà liberato dalla “lunga” “Schweißriemen” per raggiungere l’ungulato, sarà applicato un “testimone” (semplice striscia di cuoio con moschettone) in modo che possa essere abboccato facilmente dal cane, il quale lo farà solo dopo aver ritrovato l’ungulato, dopo di che tornerà dal conduttore, il quale vedendolo arrivare con in bocca il “testimone”, avrà la certezza che il capo è stato ritrovato e inizierà a seguire il cane che farà la spola fino a quando anche il conduttore non sarà giunto al letto di morte.
Lo scopo di questi sistemi di ritrovamento in libertà, da parte del cane è che tutte le volte che si cerca un ungulato, non necessariamente questo sarà morto, per cui l’animale che ha ancora la possibilità e la forza di muoversi scapperà non appena sentirà dei rumori o annuserà degli odori sospetti, oppure le tracce (sangue, pezzi di interiora, peli, ecc.) porteranno il conduttore in zone di foresta con vegetazione talmente folta che potranno essere seguite solo dal cane.
In entrambe queste situazioni è preferibile o necessario liberare il cane, prima di arrivare al capo cercato.
Per poter eseguire questi esercizi il cane deve essere preparato alla perfezione, sia fisicamente che psicologicamente.
Questo lo si otterrà, se il conduttore avrà allenato il suo allievo fisicamente come un atleta e preparato ai comandi come uno studente che deve sostenere una tesi di laurea, perché le prove che il cane sosterrà, se rapportate all’attività umana, hanno un livello di difficoltà paragonabile a questa.
Successivamente l’allievo affronterà per il resto della sua vita la caccia vera e propria, , la quale è paragonabile al lavoro umano.
Se il cane avrà svolto le prove ottenendo buoni punteggi, lo si consideri solo come un buon inizio di carriera, perché l’esperienza insegna che le prove per i cani e gli esami di laurea per gli umani non sempre sono sinonimo di successo nell’attività intrapresa.
Per chi intendesse affrontare l’esperienza di addestramento per un cane da caccia polivalente, posso solamente consigliare di armarsi di tanta pazienza e di lavorare quotidianamente con coerenza e obbiettività verso l’allievo e verso sé stessi.
Waidmannsheil Fabrizio C.